sabato 10 agosto 2013

dieci giorni all' ospedale

un ricovero in ospedale per un intervento chirurgico imprevisto

andato bene per fortuna

anche se con qualche sequela fastidiosa

per me che in ospedale da una vita vivo e lavoro é stato come dover stare dall'altra parte della barricata

esperienza gravosa ma  utile

per migliorare comportamenti e atteggiamenti nei confronti dei malati, meglio capire  certi bisogni, anche  semplici ed elementari

ho trovato persone molto brave e motivate
certo, come medico, sono stato per forza di cose  l' oggetto  di un occhio di riguardo

ma ho visto un approccio affettuoso ed educato nei confronti di tutti i malati, molta gentilezza, attenzione e disponibilità, oltre a ottime capacità tecnico-professionali

per il resto ho sperimentato anch'io come tutti  quel tanto di quell' ansiosa  inquietudine in attesa dell'  intervento,  l'  emozione del  trasporto  disteso  sul lettino fino alla  sala operatoria, inquadrando da quella  prospettiva fotografica particolare dal sotto all' insù, come in un film,  i lunghi corridoi fuggenti via  veloci, le  luci abbaglianti della sala, gli sguardi  sorridenti e tranquillizzanti degli operatori seminascosti sotto le mascherine, incombenti su di me dall' alto

un'esperienza anche visuale, dunque

poi il nulla dell' anestesia - pensa a qualcosa di bello mentre ti addormentano - mi avevano consigliato

e io ho pensato al mare e alle rocce della Sardegna, che  avevo da poco lasciato, ai bei prati verdi e fioriti  e alle vette dell' amata  Carnia, ai musetti dei miei  gatti e ai visi dolci  delle persone amate

e il risveglio é stato dolce, aiutato da  un nirvana morfinico per alleviare il dolore

poi le lunghe giornate in corsia,  scandite temporalmente dagli orari della ritualità ospedaliera :
la somministratzione dei farmaci, i prelievi,  la visita  medica , la distribuzione dei pasti,  le pulizie dei pavimenti che ti confinano a letto, l'orario di visita dei parenti

curiosare dalla finestra sul cortile ciò che avviene nel retro dell' ospedale

una routine quasi piacevole e che dá sicurezza.

nella Montagna Incantata di Thomas Mann ("Magica" - nella  nuova recente traduzione)  si legge di questo rassicurante e ambiguo senso di  protezione,  della condizione di malattia come alibi per restar fuori dal vortice della vita reale e dalle sue responsabilità, almeno per qualche tempo, il proprio destino affidato alle mani di altri

Hans Castrop, il protagonista,, dopo la guarigione di cui non desidera convincersi, sarà destinato  infatti alla morte  sui campi di battaglia della Grande Guerra, rimpiangendo certamente quella fine più lenta, dolce, serena e assistita, che la tisi gli avrebbe procurato nel  mondano  sanatorio svizzero

ma io invece non  vedevo l'ora di tornare a casa, alla vita normale e al lavoro di tutti i giorni

nell' attesa mi sono sempre tenuto in esercizio non smettendo mai di fotografare,  nemmeno durante il ricovero

i personaggi, i vicini  di stanza compagni di  malattia, come l' uomo  immobile a letto o quello che non riesce più ad articolare la parola e  comunica aiutandosi con dei bigliettini, il lavoro degli infermieri e degli aiutanti,  Ester, Luigi, Gertrude, Roberto, Famin e Federico per citarne solo  alcuni

momenti e persone che meritano di essere ricordati e testimoniati

con la fotografia

viva la fotografia !

che come dice il titolo del mio blog ,  aiuta a vivere, aiuta a essere
























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3 commenti:

  1. Bentornato! :)
    Mi piace molto la tua reportage dal ospedale, di questi dieci giorni. Mi piace anche quello che hai raccontato di questi dieci giorni.
    Ti auguro di ricoverarsi piu presto e di tornare ad uscire anche per fotografare. La fotografia aiuta veramente!
    ciao

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  2. Caro Marco,
    parole e immagini mi hanno dato la misura della fortuna di essere tua amica (se ce ne fosse stato bisogno), di quanto la vita vada presa con coraggio e del fatto che esistano tante brave persone al mondo.
    Qua rischio poi di essere sentimentale, comunque vale la pena, in certi casi, molti magari anche, di arrabbiarsi e reagire, ma si deve anche e soprattutto, cogliere il lato interessante delle esperienze (se si possono, per fortuna risolvere bene!).
    La mia foto preferita: piedi, libro e apparecchio. Però sono tutte belle. Davvero viva la fotografia (e la parola, e la musica, e....)
    Tantissimi baci e a presto.
    Susi

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